Questo brano su Ghost of Tsushima di Kazuma Hashimoto (un prodotto ambientato in un'epoca storica giapponese, ma non realizzato da giapponesi) ci spiega il rapporto fra l'estetica di Akira Kurosawa e il gioco stesso, la valenza politica sottesa dalla figura del samurai, il complesso rapporto tra la cultura orientare e quella occidentale e i loro rispettivi punti di vista.
Forse l'approccio principalmente estetico suggerisce un fraintendimento nell'intento comunicativo che risale all'epoca delle pellicole dello stesso maestro giapponese. E forse invece occorre fare in conti su due realtà che sono due dimensioni differenti che non riusciranno mai né a sovrapporsi né a trovare perfetta corrispondenza tra tutti i rispettivi fenomeni.
Quando si arriva al circuito del Nurburgring la prima sensazione è la paura. Il lungo, strettissimo, nastro di asfalto diseguale si snoda sulle colline della foresta di Eifel. L'erba infida è pronta a far slittare la macchina in testacoda ad ognuna delle innumerevoli di curve, e prima di completare un giro pulito ci vogliono decine, se non centinaia di tentativi. Ma restare in pista non è abbastanza. La gara contro il tempo, riuscire a scendere sotto i 7 minuti con la BMW in dotazione, richiede di cominciare davvero a padroneggiare le tecniche di guida. Capire innanzitutto il comportamento della macchina: un bolide pesante e che fatica ad accelerare ma con un eccellente impianto frenante. La tattica è quindi usare poco il freno, vicino al limite da imparare per ogni curva, ed uscire in accelerazione prima possibile, evitando di slittare. E' allora che subentra il desiderio, la voglia di velocità, che oltre i 200 kmh riduce la pista ad una corda sulla quale stare in equilibrio precario. La concentrazione deve essere massima, e la tensione minima, per liberare tutti quei cavalli in modo da non combinare un disastro. E a volte, di rado, il circuito non fa più paura, ma diventa un compagno pericoloso del quale si impara a fidarsi ciecamente, mettendo a frutto tutto l'allenamento. Ed allora, e solo allora, si entra in un tunnel di velocità ineluttabile. Lo spazio si riduce al massimo, e il tempo al minimo: il proprio record.
Alcuni giochi hanno molto da dire solo quando gli si dedica tempo e attenzione a sufficienza. E' dopo decine di ore che si impara ad apprezzare la cura riversata in ogni dettaglio, e il tempo investito viene ripagato in quella speciale forma di divertimento, di appagamento profondo. Imparare a scegliere bene come spendere le ore è importante. Bisogna pretendere di essere soddisfatti, alla fine. Non basta che il tempo passi. Deve trascorrere in modo da cambiare qualcosa dentro di noi. Ed anche un gioco, se ben fatto, ce lo può fare capire in modo chiaro.
Industries of Titan è l'atteso nuovo gioco di Brace Yourself Games (Cadence of Hyrule, Crypt of the Necro Dancer). Un Sim City cyberpunk ambientato sulla luna di Saturno, dove occorre gestire risorse, costruzioni e lavoratori, anche all'interno degli edifici. La caratteristica che colpisce di più è l'uso della voxel art, praticamente perfetta per uno sviluppo più agile senza quasi alcun compromesso nella qualità della resa grafica finale.
Per "illecito virtuale" si intende un'azione di un giocatore nel mondo reale che provoca intenzionalmente un'azione φV da parte di un personaggio in un mondo virtuale V tale che φV è sbagliato in V; e i criteri per valutare l'errore dell'azione in V sono gli stessi di quelli per valutare l'errore di un'azione nel mondo reale. In Red Dead Redemption 2, ad esempio, è possibile prendersela con le suffragette. Un giocatore ne ha fatta addirittura divorare una da un alligatore.
Uno studio recente ha scoperto che coloro che giocano ai videogiochi violenti non differiscono in modo significativo per l'aggressività e gli atteggiamenti sessisti da chi non lo fa. Ma di fatto nel saggio si evidenzia come comportamenti aberranti nel virtuale siano un segnale da non sottovalutare per scoprire personalità disturbate.
Dreams e l'ultima esperienza realizzata da Media Molecule, la casa che ha sviluppato LittleBigPlanet e Tearaway.
Un universo in continua espansione dove si può esplorare, creare, fare musica e costruire veri e propri giochi. Un content management system che permette di condividerli con tutti gli altri creatori/giocatori.
L'ambientazione di Journey to the Savage Planet ricorda moltissimo No Man's Sky, e questo non può che incuriosire gli appassionati del titolo di Hello Games. Ma il tono satirico del gioco lo caratterizza fin da subito come una esperienza molto diversa, dove c'è da esplorare ma la generazione procedurale non c'entra e i coloratissimi contenuti sono tutti confezionati a mano.
Studio Koba è uno studio di sviluppatori indie con sede a Barcellona e Tokyo che sta lavorando da 3 anni al suo primo gioco: "Narita Boy", un grande omaggio agli anni '80.
Il gioco racconta la storia di Narita Boy, un leggendario eroe digitale in una ricerca attraverso dimensioni simultanee (Tron anyone ?).